I neurologi rivalutano la solitudine

Regioni cerebrali, solitudine, psicologia.

Recentemente ci siamo occupati dell’isolamento causato dalle misure per il contenimento della pandemia. L’isolamento è sovente dovuto a una costrizione esterna, per esempio le “celle d’isolamento” nelle carceri.

La solitudine è un concetto più complesso. Si può essere soli e allora coincide con l’isolamento o ci si può sentire soli. In tal caso si può anche non essere affatto isolati. Ci si può sentire soli in città, come dice Violetta ne “La Traviata” di Giuseppe Verdi parlando del “popoloso deserto che è Parigi”. O ci si può sentire soli nella coppia come Anna Karenina. Il sentirsi soli è un sentimento comune nei senior per il pensionamento, per la lontananza dei figli, per la perdita di amici.

Uno studio del 2020 di Danilo Bzdok e Nathan Spreng pubblicato su Applied Radiology si intitola “Alcuni scienziati mostrano come la solitudine appare nel cervello”.

I risultati della risonanza magnetica sono studiati in correlazione con una autovalutazione psicologica. Lo studio del Quebec concerne 40.000 soggetti in età media e senior i quali asseriscono, nell’autovalutazione, di sentirsi spesso soli. Si studiano le variazioni del volume delle differenti regioni del cervello e in particolare il default network (sistema della condizione di default, ossia rete cerebrale di regioni interagenti).

I risultati sono interessanti e sorprendenti. Le aree cerebrali dei soggetti esaminati sono maggiormente interconnesse.  Inoltre, si sono maggiormente sviluppate le aree che riguardano le reminescenze, i progetti verso il presente ed il futuro e i pensieri sugli altri. Ovvero le persone che si sentono sole usano più l’immaginazionela memoria del passato e la speranza di superare l’isolamento nel futuro.

I neurologi non negano ovviamente i rischi della solitudine, quali il possibile declino cognitivo e la demenza. Ma propongono il loro studio come uno strumento per attuare misure preventive, valorizzando queste facoltà incrementate da un sentimento generalmente considerato solo negativo.

Dunque, proviamo a fare di necessità virtù. Esercitiamoci, quando ci sentiamo soli, a far lavorare la memoria. Ma bando ai ricordi negativi. Teniamo in vita solo i ricordi positivi, naturalmente.

Facciamo progetti per il presente e per il futuro. Progetti possibili, cose che potremmo fare. Ma anche progetti impossibili, i viaggi lontani, le attività perse per strada. Tutto è utile al nostro cervello.

Immaginiamoci situazioni sociali piacevoli. Amici, famigliari lontani che potremmo rivedere, feste a cui potremo partecipare. Il sentirsi soli non è sempre evitabile. Ma se ci esercitiamo ad affrontarlo anche questo sentimento non ci parrà così negativo.

 

Fonte: https://osservatoriosenior.it/2021/03/i-neurologi-rivalutano-la-solitudine/

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