Il rifiuto dei cliché sulla vecchiaia

La nostra intervista al prof Marco Trabucchi, Presidente AIP (Associazione Italiana di Psicogeriatria).

Buongiorno Prof. Trabucchi, nel ringraziarla per aver accettato l’invito di Osservatorio Senior , vorrei approfittare della sua competenza per chiarire alcuni dubbi sul tema dell’invecchiamento attivo. La generazione dei “Boomer” si interroga su cosa sia realmente la vecchiaia, visto che ciascuno di noi ne ha una percezione differente in base al proprio vissuto, ambiente socio-economico e stato di salute, ma esiste una definizione di vecchiaia attuale e condivisa dalla Comunità Scientifica?

Marco Trabucchi, Presidente AIP

Assolutamente no, anzi la comunità scientifica tende sempre più a considerare il singolo individuo come espressione di una vita in continua evoluzione, mai schematizzabile entro griglie chiuse. Al contrario, il modello della complessità, che rappresenta lo schema interpretativo delle varie età, tiene conto della genetica, degli stili di vita, delle scelte personali, dell’ambiente. Ciascun abitante della terra è condizionato da questi fattori, attraverso dinamiche complesse che non siamo ancora in grado di districare.

Gli over 60 sono i primi, nella storia dell’umanità, a trovarsi nello stesso gruppo demografico dei propri genitori ancora in vita. E’ forse anche per questo che la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria propone di innalzare la soglia ufficiale della vecchiaia a 75 anni?

La proposta della SIGG è stata un’intelligente trovata per dare una impossibile spiegazione alla durata della vita e all’inizio della vecchiaia. Però, perché non 80 anni? Qualcuno ha affermato che la vecchiaia inizia quando una persona entra negli ultimi 10 anni della sua vita… ma come facciamo a sapere quando entriamo in questo tunnel? Saperlo costituirebbe un drammatico evento luttuoso!

Quale contributo può dare la scienza medica per contrastare l’ageismo e i cliché sulla vecchiaia, soprattutto legati alla discriminazione delle donne, perché non più giovani?

Più che la scienza deve essere la sensibilità civile, il sentirci tutti concittadini sotto lo stesso cielo, che ci impedisce di considerare i vecchi una porzione perdente della nostra convivenza. La stessa differenza nell’ingresso nell’età esprime l’impossibilità di costruire delle definizioni. Esiste però l’egoismo, che spesso stimola atti irrazionali, come l’ageismo. Una società del “noi” non sarà mai una società ageista, mentre nella società nella quale domina l’io è più facile la comparsa di atteggiamenti di chiusura, diretti contro chiunque minaccia la divisone della torta.

La nota scrittrice Lidia Ravera ha voluto rappresentare gli over 60, nella collana “Il Terzo Tempo” di cui è curatrice, attraverso l’intensità dei loro desideri e delle loro passioni, anche di fronte all’inevitabile trascorrere del tempo. A dimostrazione che il mantenimento delle relazioni affettive è elemento centrale per un invecchiamento di successo. Qual è il suo parere?

Certo, gli affetti, l’attenzione verso l’altro, la gioia delle condivisioni sono aspetti della vita che aiutano a rimanere giovani. Sono affermazioni da tempo sostenute dalla letteratura scientifica. Ricordo che il famoso studio 90+, condotto per molti decenni negli USA afferma, in uno dei passaggi cruciali, che “è più salutare condividere la tavola con persone amiche che non preoccuparsi del colesterolo”. Ovviamente si tratta di un’affermazione volutamente forte, perché le persone capiscono che chiudersi sui propri problemi di salute non giova alla vita stessa e alla sua durata.

Nella Quinta giornata nazionale contro la solitudine, AIP l’ha indicata come la peggior nemica dell’anziano. Potremmo dire che si tratta di una “piaga” che unisce le generazioni dagli anziani agli adolescenti? Quali strategie suggerite per ridurne l’impatto?

Certamente la solitudine, come noi di AIP andiamo sostenendo da molti anni, è uno dei gravi e dolorosi eventi della nostra storia contemporanea. Noi ci occupiamo della solitudine dell’anziano, ma non dimentichiamo la grande quantità di adolescenti e di giovani che hanno perso il contatto con il loro ambiente di vita e finiscono di vivere come eremiti negativi anche tra le mura della loro casa. E’ difficile indicare risposte alla solitudine; ricordo che in UK è stato istituito un ministero per la lotta alla solitudine, per suggerire e coordinare gli interventi più appropriate per prevenire questa condizione, che la letteratura scientifica ha definito “deadly”.

Pochi giorni fa abbiamo visto tutti il presidente degli USA Biden che alla soglia degli 80 anni, è ancora in grado di competere sulla scena internazionale, durante il suo viaggio a sorpresa a Kiev. Questi esempi possono insegnarci qualcosa?

Biden ci insegna moltissimo; mi ha fatto enorme impressione la forza di questo formidabile ottantenne; durante la visita in Ucraina e in Polonia ha mostrato una straordinaria resistenza fisica (un volo transoceanico, 12 ore di treno, una serie di incontri, altre 12 ore di treno fino a Varsavia nel ritorno), una forza morale incredibile (chiunque avrebbe avuto una grande paura ad esporsi per le strade di Kiev senza la protezione dell’esercito americano), la capacità di raccogliere tutte le energie per parlare in piazza, come ha fatto a Varsavia, con un tono di voce forte e sicuro, senza appunti. Al di là di considerazioni politiche, quando si discute dell’età di pensionamento, Biden rappresenta un esempio, anche per chi parla di gerontocrazia (non è altro che espressione di un’invidia carica di ageismo!).

Ma in questo modo non si rischia di diventare vittime di modelli troppo performanti, che nella realtà dei fatti producono più frustrazione che stimoli?

Tutti dobbiamo educarci a dare il meglio di noi stessi, non ricercare il pensionamento come “il meritato riposo”. L’impegno psichico e fisico ci mantiene giovani; è ovvio, però, che non dobbiamo adottare i modelli un po’ ridicoli dell’”invecchiamento di successo”. Ciascuno si pone un obiettivo e deve cercare di raggiungerlo, senza sentirsi frustrato se le circostanze della vita lo inducono a doversi fermare prima. Dobbiamo sempre puntare in alto, con la serenità di saper accettare quello che riusciamo a raggiungere. Senza frustrazioni.

Fonte: https://osservatoriosenior.it/2023/03/il-rifiuto-dei-cliche-sulla-vecchiaia/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=osservatorio-senior-ultime-novita-14-febbraio-2023-test-8