La ricetta per la felicità

La ricerca di Harvard sulla felicità

La metodologia di una ricerca può sembrare un argomento che interessa solo gli addetti ai lavori. Invece è cruciale. Per esempio, da molte ricerche i senior appaiono in buona salute e dediti a frenetiche attività sessuali. Poi troviamo gli stessi senior negli ambulatori medici o negli ospedali a fare esami clinici che le statistiche definiscono eccessivi. Allora ci chiediamo come sono stati raccolti questi dati: questionari, interviste telefoniche? E il sospetto è che gli intervistati abbiano dato risposte compiacenti e poco sincere. L’attendibilità di una ricerca dipende tutta dalla metodologia.

La ricerca di Harvard ha riguardato 724 uomini seguiti per 79 anni, anno per anno. Davvero uno sforzo eccezionale, possibile solo in un’università americana, che ha visto l’avvicendarsi di 7 generazioni di ricercatori. I soggetti della ricerca non ricevevano solo questionari ma erano intervistati a casa ed è chiaro che il rapporto faccia a faccia fa la differenza perché i dati così raccolti sono più attendibili. Le interviste concernevano il lavoro, la salute e la vita. Venivano fatti anche esami medici e gli intervistatori parlavano con i figli. I soggetti erano divisi in due gruppi: studenti di Harvard e ragazzi poveri delle periferie allo scopo di evidenziare eventuali differenze a seconda del livello culturale. 60 degli intervistati sono ancora vivi a 90 anni.

All’inizio della ricerca, veniva chiesto ai soggetti, di 24 anni, in cosa investivano tempo ed energie: l’80% di loro desiderava diventare ricco e il 50% famoso, alcuni volevano essere ricchi e famosi, come appare evidente dalle percentuali che si sovrappongono.

I risultati, alla fine della ricerca, hanno evidenziato che sono le buone relazioni a mantenere sani, più che i soldi e il successo. Per relazioni si intende la famiglia ma anche le relazioni sociali. Ad uccidere è la solitudine. Le persone più isolate sono meno felici, si ammalano e il cervello declina più in fretta. Naturalmente si può essere soli anche in un matrimonio poco soddisfacente. Le relazioni devono essere calorose per avere effetti positivi.

Per predire chi raggiungerà gli 80 anni non conta tanto il livello del colesterolo ma la soddisfazione nelle relazioni. Chi ha avuto relazioni calorose anche con la famiglia d’origine è avvantaggiato, come asseriscono tanti studi psicoanalitici. Chi, da senior, ha più connessioni famigliari, amicali e comunitarie è più felice, ha più salute e vive più a lungo. La solitudine è tossica. Ma anche vivere relazioni troppo conflittuali è tossico. Chi ha buone relazioni sopporta di più il dolore e la sua memoria non declina. Una buona relazione significa poter contare su un’altra persona. Anche una nuova attività da pensionati produce benessere. Nella ricerca appare evidente che anche il successo economico non dipende tanto dall’intelligenza ma dalle buone relazioni.

Al contrario l’alcolismo sembra essere il principale fattore negativo che produce divorzi e depressione e non favorisce la longevità.

Dunque l’idea di fondo è che bisogna passare meno tempo davanti alla televisione, coltivare di più le relazioni sociali, ristabilire i rapporti con tutti i famigliari, anche quelli persi di vista, e dedicarsi a nuove attività.  Ovviamente non è facile mantenere buone relazioni con tutti, è un impegno faticoso che dura tutta la vita.

Questi risultati possono apparire scontati ma non lo sono. Siamo soliti pensare che la felicità dipenda da un mix di soddisfazioni economiche e professionali e da buone relazioni. Forse lo è nell’età adulta, ma dopo il pensionamento le cose sembrano cambiare. Le buone relazioni diventano l’elemento più importante. Le stesse persone da senior hanno cambiato idea su cosa vale la pena di investire.

Va detto che le indicazioni che emergono dalla ricerca non sono facili da seguire. L’invecchiamento, di fatto, riduce le relazioni sociali. Le amicizie si rinnovano nel periodo lavorativo, ma tale rinnovamento manca dopo il pensionamento. Divorzi e vedovanze creano sentimenti di solitudine non sempre facili da superare soprattutto per le donne, il cui invecchiamento è più difficile. I figli sono spesso impegnati nel loro lavoro o vivono lontani. Una rete comunitaria va creata di nuovo, mentre un tempo la comunità religiosa suppliva a questa carenza.

Insomma l’indicazione più importante ci pare l’impegno nelle relazioni sociali, dove nulla è scontato e dove è necessario spendere molte energie per lavorare sulla qualità dei rapporti. Interessante è l’accento posto sul valore della generosità. Infatti non basta avere relazioni, ma queste devono essere ricche di affetti e improntate alla reciprocità.

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Fonte: https://osservatoriosenior.it/2019/01/la-ricerca-di-harvard-sulla-felicita/