Continua la “La storia dell’Origami”

./.  la “STORIA DELL’ORIGAMI”

Il segreto della fabbricazione della carta fu conservato nell’Impero cinese per oltre 500 anni ma, intorno al 600 d.c., la leggenda narra che una nave cinese venne attaccata da una nave pirata giapponese ed un monaco buddista, per salvarsi la vita, fu costretto a rivelare il segreto della carta.

Fu così che la pregiata invenzione cinese giunse in Giappone, dove vennero presto sviluppati metodi per rendere la carta più morbida ed elastica, con tecniche rimaste insuperate sino ad oggi.

Complice la natura di quel popolo, la carta acquistò ben presto una grande importanza anche per le sue valenze sacre; molteplici sono le implicazioni e i significati che la parola origami evoca e che sono ricollegabili all’ambito religioso.

Il processo di fabbricazione della carta rappresenta e richiama un altro concetto molto presente nella cultura orientale in genere: la continua trasformazione delle cose.

L’uso della carta in ambito religioso risultò assolutamente naturale: ecco quindi i gohei, strisce di carta piegate in modo particolare, la cui funzione è unire idealmente gli uomini alle divinità.

Gli atleti, i lottatori di sumo, non ricevevano denaro in caso di vittoria, bensì queste preziose strisce.

Ancora molto più tardi, i forgiatori di spade per samurai dovevano consacrare con queste strisce lo spazio al cui interno avrebbero fabbricato una spada.

In Giappone erano dunque quasi esclusivamente i monaci a fabbricare la carta, sia perché ne erano i principali utilizzatori sia perché il processo di lavorazione era piuttosto lungo e richiedeva molta manodopera specializzata.

La carta non veniva impiegata per realizzare “modelli” come li intendiamo oggi, ma per creare figure astratte aventi un significato simbolico e rituale, secondo rigide regole formali note a pochi specialisti. Le cose andarono avanti così per almeno 150 anni.

In seguito si verificò un primo graduale passaggio da un uso prevalentemente religioso a uno più profano. Non erano più solo i monaci a piegare la carta, ma anche gli appartenenti alla classe nobiliare, poiché si trattava comunque di un materiale costoso, non accessibile a tutti.

Si passò così dai modelli più astratti, usati per scopi religiosi, ad altri più figurativi, che riproducevano animali, insetti, fiori ed altre forme della natura.

Fu in questo periodo che nacque il modello oggi forse più conosciuto al mondo, che è anche il simbolo internazionale dell’origami: la famosa gru in giapponese tsuru.

 Uno degli esempi più antichi di origami, è un foglio di carta pieghettato con il quale si copriva la bottiglia di sake che veniva posta sull’altare come offerta propiziatoria durante le cerimonie religiose.

Allo stesso periodo risalgono i modelli stilizzati raffiguranti una farfalla maschio (ocho) e una farfalla femmina (mecho) che si applicavano al collo di due bottiglie di sake usate per un particolare rito augurale durante le cerimonie nuziali scintoiste, un’usanza in voga ancora oggi.