Vecchio? No grazie

3 minuti di lettura

Quando l’immagine condiziona il nostro immaginario.

A partire dal 1969 il concetto di ageismo definito da Robert Butler – Direttore del National Institute of Aging – come una forma discriminatoria nei confronti dell’invecchiamento, ha subito una forte accelerazione radicandosi nell’immaginario collettivo attraverso un processo sistematico di stereotipizzazione nei confronti degli anziani.

D’altro canto, cosa c’è oggi di più potente di un’immagine stereotipata nel creare l’immaginario collettivo? La potenza delle foto che vediamo sulle riviste patinate, sui muri delle nostre città o sui social media, orienta inesorabilmente il nostro modo di concepire il reale e quindi il nostro modo di pensarlo. Nel caso della rappresentazione della così detta Terza Età, siamo stati perseguitati per decenni da immagini statiche e solitarie di anziani in stato di dipendenza e di isolamento sociale, quando non affetti da patologie croniche invalidanti. Ed è proprio contro questi stereotipi sull’età che avanza, che numerose voci si stanno alzando per riportare verità sulla realtà attuale dell’invecchiamento.

L’ultimo e probabilmente il più efficace esempio, è quello recentemente riportato con grande visibilità da tutti i media: Getty Images – una delle principali agenzie fotografiche mondiali – ha annunciato il lancio della Disrupt Aging Collection, una collezione composta da oltre 1400 foto che rappresentano l’avanzare dell’età in modo autentico, positivo e più inclusivo. Descrivendo i nuovi stili di vita e le relazioni interpersonali tra bisogno di cure, tecnologia, realizzazione personale in una visione multi-dimensionale dell’età matura.

Il dato che emerge dalla ricerca condotta da AARP (associazione americana che lavora al servizio della popolazione over-50) proprio per Getty Images, dimostra che due terzi degli adulti americani dai 50 anni in su ritiene che le immagini proposte sui media siano discriminatorie nei confronti delle fasce di età più alte, mentre l’80% delle persone dai 50 anni in su ha dichiarato che il marketing ritrae il loro stile di vita sulla base di stereotipi. Inoltre, tre donne su quattro nella stessa fascia di età ritengono che gli ultracinquantenni siano sottorappresentati sui media, e il 51% dello stesso gruppo di studio ha dichiarato di sentirsi “invisibile” per quanto riguarda le pubblicità.

Tuttavia, Getty Images segnala che la richiesta di contenuti legati agli over-50 è in aumento – a livello globale c’è stato un significativo incremento del 151% in un anno nelle ricerche di immagini che ritraggono persone in età da pensione; a dimostrazione che il mercato legato alla Silver Economy è in fortissima crescita.

Ma la vera sorpresa è che non si tratta solo di numeri, perché le ricerche per la parola chiave Senior sono cambiate anche per qualità, a dimostrazione del fatto che è in atto un grande cambiamento della sensibilità collettiva: il divertimento, il viaggio con amici e famiglia e i momenti felici e di festa con altre persone, sono quintuplicate in un solo anno. Per questo motivo i brand non possono più permettersi di perdere l’opportunità di comunicare e relazionarsi con questo pubblico in maniera autentica.

Il cambiamento culturale che si impone, non dovrà tuttavia portare all’immagine opposta di una vecchiaia irreale, senza problemi e criticità. Quanto più si sarà in grado di ridefinire l’immagine dei Senior in maniera onesta e realistica, includendo persone attive, che spesso ancora lavorano o che vivono momenti di divertimento, cultura e sport, grazie anche al tempo libero riconquistato, tanto più il pregiudizio che si è sedimentato dentro di noi (e nella società) verrà depotenziato, per ricordarci che questa generazione di nuovi Senior non si può trattare come un’unica categoria.

Fonte;